Il dramma della disoccupazione: effetti psicologici e sociali
“La disoccupazione è una cosa per il disoccupato e un altra per l’occupato. Per il disoccupato è come una malattia da cui deve guarire al più presto, se no muore; per l’occupato è una malattia che gira e lui deve stare attento a non prenderla se non vuole ammalarsi anche lui ” Alberto Moravia, 1959
Il lavoro occupa un posto centrale nella vita delle persone. Oltre a costituire un valore primario e un diritto, definisce il ruolo che una persona occupa nella società, la legittima (o la emargina), la rende dignitosa. La disoccupazione è quindi un grave problema sia sul piano sociale che individuale perchè non riguarda solo la struttura organizzativa della società, ma anche e soprattutto il benessere psicosomatico di quelle stesse persone che la vivono. Le persone che perdono il lavoro provano sentimenti simili a quelli del lutto per la perdita di una persona cara che, se persistenti ed intensi, possono sfociare nella depressione.
Rimanere disoccupati, infatti, è un’esperienza traumatizzante che può spingere l’individuo in un circolo vizioso di isolamento e perdita di speranza. Le conseguenze psicologiche della disoccupazione producono un senso di colpa e di vergogna che minano l’autostima, il senso di autoefficacia e le relazioni affettive perché colpiscono soprattutto a livello dell’identità personale. L’ identità personale è un costrutto complesso, che si configura nel corso dell’intera vita e che coinvolge molti fattori diversi, tra i quali le predisposizioni individuali e le competenze che emergono nel processo di educazione / socializzazione.
L’identità personale è strettamente legata al ruolo sociale ed è condizionata dai feedback che la persona riceve nel contesto socio-lavorativo, pertanto, il fatto di avere o non avere un lavoro, condizionando i ruoli sociali, ha importanti ripercussioni sull’identità della persona. Tra i maggiori costi psicologici della condizione di disoccupati c’ è quello dell ‘inattività; in ricerche recenti è emerso che il prolungamento del periodo di disoccupazione e la mancanza di una routine imposta dal lavoro fa aumentare le difficoltà psicologiche per mantenersi attivi, causando immobilismo e tendenza alla procrastinazione.
Essere disoccupati e avere tempo libero non sono condizioni simili perché il tempo libero è di solito inteso come un complemento del lavoro ed è, di conseguenza, il lavoro che gli conferisce un significato sociale. La disoccupazione innesca un processo psicopatologico costituito da fasi simili alla sindrome di burn-out :
- fase di idealismo, in cui il soggetto si impegna con entusiasmo nella ricerca del lavoro (anche se a volte arriva ad avere aspettative irrealistiche sulle sue capacità e su ciò che potrebbe ottenere o raggiungere).
- fase di stagnazione, quando constata la realtà della sue aspettative, diminuiscono le azioni di ricerca e si operano revisioni degli obiettivi di carriera.
- fase di apatia, diminuisce considerevolmente l’interesse nella ricerca attiva del lavoro.
- fase di distanza, in cui la persona è cronicamente frustrata, prova sentimenti di vuoto emotivo e svalutazione.
Le conseguenze riscontrate nelle persone in seguito alla perdita del lavoro sono:
- Perdita di autostima
- Sentimenti di inutilità
- Sensazione di insuccesso professionale che si amplia alla vita familiare
- Difficoltà a trovare un nuovo lavoro o a cambiarlo
- Disorientamento e paralisi (perdita di fiducia rispetto alla possibilità di trovare un’occupazione che ristagna fino a creare una condizione di immobilismo e rassegnazione)
La disoccupazione crea squilibri e conflitti nell’ambiente familiare che comportano un processo di riadattamento e ridefinizione dei ruoli e delle funzioni, che in alcuni casi arrivano ad invertirsi: la donna diventa chi sostiene economicamente la famiglia, i figli maggiori iniziano a svolgere un ruolo attivo, i figli minori abbandonano gli studi.
Anche se i risultati delle ricerche suggeriscono che la disoccupazione incida negativamente più sugli adulti che sui giovani, questo non significa che i giovani non siano esenti dal subirne conseguenze considerevoli. Paragonando il benessere psichico dei giovani disoccupati con lavoratori della stessa età, risulta che i disoccupati abbiano livelli più bassi di benessere psicologico generale, sperimentino più spesso sintomi depressivi e ansiosi, sviluppino un’immagine di sé più negativa e un livello inferiore di autostima.
Quando si parla di disoccupazione femminile, la questione si complica ulteriormente. Alcuni studi hanno rilevato che mentre le donne si percepiscono in modo positivo come lavoratrici, tendono a vedere la loro carriera professionale futura con maggiore pessimismo rispetto agli uomini, perché la ricerca del lavoro o il mantenimento di una posizione lavorativa è spesso condizionata e minacciata dalla discriminazione a causa del loro aspetto fisico, dello stato civile o per le responsabilità familiari che hanno. Le donne attribuiscono al lavoro un valore importante perché legato alla loro indipendenza e al loro controllo personale. Pertanto, la perdita del lavoro equivale ad una perdita di diritti e ad un ritorno ai ruoli tradizionali.
Tra tutte le variabili considerate nella modulazione degli effetti di stress causati dalla disoccupazione, quella che si è rivelata più efficace è il sostegno sociale, che si configura come un potente fattore protettivo nel mantenimento e nel recupero del benessere psicologico e fisico della persona disoccupata. Il sostegno sociale è definito come la sensazione soggettiva (quindi non effettiva, ma percepita dal soggetto) di appartenere ad un gruppo e di sentirsi accettati al suo interno, e può manifestarsi in diversi modi: qualcuno da cui si ricevono aiuti economici, qualcuno con cui poter discutere i problemi quotidiani, qualcuno a cui suggerire cose interessanti da fare, qualcuno che incoraggia quando l’altro si sente giù di morale, qualcuno che da informazioni sui posti di lavoro disponibili sul mercato e sull’assicurazione contro la disoccupazione.
Dal punto di vista psicologico, è importante comprendere quali effetti la disoccupazione generi sul piano cognitivo, emotivo e relazionale, e strutturare interventi che puntino ad aiutare la persona a recuperare l’autostima e le risorse necessarie per contrastare la frustrazione, la rassegnazione e l’inattività tipiche della condizione di disoccupato.